03 febbraio 2023

Urania n. 4 - Il figlio della notte di Jack Williamson


CARATTERISTICHE EDITORIALI E FISICHE
Per me è una rilettura, purtroppo, non particolarmente gradita. Questione di gusti, quindi del tutto soggettiva: spiegherò più avanti perché, ma questo libro non è molto nelle mie corde.

Infatti abbiamo qui una strana bestia. Un romanzo di fantascienza che tutto pare tranne che fantascienza, escludendo un fievole, quasi inesistente collegamento con la fisica quantistica e un po' di antropologia.
Nasce col titolo di Darker than you think ed era, in origine, un romanzo breve. Nel 1948 fu espanso fino alla lunghezza attuale e pubblicato da Fantasy Press. Quella che ho in mano e di cui vedete le foto è la prima edizione italiana, com'è il caso con moltissimi di questi primi 100 numeri di Urania. 

La traduzione sotto pseudonimo di Giorgio Monicelli, il curatore della stessa Urania, è buona, a tratti ottima - pur con qualche calco dall'inglese. Il tono è piuttosto moderno e mantiene il senso di cupa, incombente malvagità della prosa originale. Tutto nel romanzo è nero, plumbeo, buio, triste, pessimistico, deprimente: dalle facce della gente ai palazzi, dalle risate al tempo atmosferico. Mi piace molto, ha lo stesso effetto della fotografia in un film: Williamson è bravo (e Monicelli pure) a dare un "colore" alla narrazione con i giusti aggettivi nel posto giusto, posizionati con mano sempre felice, e questo colore è decisamente nero. 

Pochissimi errori di battitura, il che è lodevole per una pubblicazione che non ha visto uno straccio di editor per troppi, troppi anni.

La copia in mio possesso non è in condizioni eccezionali, visti gli angolini rovinati della copertina e l'abrasione sul lato della costina, ma secondo me con un dorso perfetto, una struttura integra e pagine ancora flessibili e ragionevolmente bianche, è comunque un bel LEM 4.3 o giù di lì. 


RECENSIONE (SPOILER!) 
Il libro inizia con un cronista, Will Barbee, che si trova all'aeroporto in un giorno di cielo coperto ad attendere il ritorno di una spedizione antropologica dalla Mongolia. È un vecchio allievo del comandante della spedizione, professor Lamarck Mondrick, ed è lì per conto del suo giornale, lo Star. Il professore pare abbia importanti annunci da fare riguardo a una clamorosa scoperta sul passato della razza umana. 

Ad attenderlo c'è anche la bella April Bell, una rossa in pelliccia bianca con tailleur e borsetta verde con dentro un gattino nero che, dice lei, è di sua zia Agatha. Viene subito descritta come una bellezza conturbante, pur con la suggestione che vi sia in lei qualcosa di minaccioso e oscuro. Barbee ne è sia affascinato che profondamente inquietato.
La ragazza, sedicente giornalista, attacca bottone e il gonzo Barbee, affascinato seppur sospettoso, si sbraga senza un vero motivo e snocciola una marea di dettagli sulla sua vita insieme al prof e sulle ricerche che andavano a fare in giro per il mondo prima che fosse escluso dal gruppo di lavoro. Barbee è infatti anche amico fraterno dei tre assistenti del professore, con cui aveva appunto trascorso anni sul campo.

Poi arriva la moglie del prof, Rowena Mondrick, una signora cieca coperta di gioielli d'argento con un enorme cane lupo al guinzaglio. Sia la signora che il cane sono subito curiosamente ostili verso la Bell, che dal canto suo sembra stranamente avversa all'argento. 

I quattro esploratori scendono dall'aereo dopo aver temporeggiato per richiedere la protezione della polizia e una vera e propria conferenza stampa in grande stile lì, sull'asfalto della pista. Subito, di fretta, prima che succeda... cosa?
Motivazione ignota. 
Il professor Mondrick fa portare giù un'enorme cassa rinforzata che contiene la sua clamorosa scoperta, si rivolge subito ai microfoni... e qui Williamson ci butta il bastone tra le ruote in forma di monologo ineluttabile in cui il geniale scienziato si lancia con l'abbandono del vero accademico che vomita preamboli e snocciola divagazioni senza mai venire al punto. 
Per pagine. 
E pagine. 
E pagine. 

Realistico? Sì, ho conosciuto gente così. 
Interessante? Uccidetemi, vi prego. 

Nel corso del suo torrenziale peana che di per sé, per il suo mero protrarsi, sconfigge qualsiasi senso di urgenza Williamson fosse riuscito a costruire, Mondrick ficca infiniti, oscuri riferimenti al Figlio della Notte, il Messia Nero, che non sfigurerebbero in un ospedale psichiatrico, e si strozza a più riprese in preda a violenti attacchi di tosse... che letteralmente lo uccidono in un parossismo fatale lì dove si trova. 
Prima di venire al punto. 
Giornalisti basiti, lettori pure.
I suoi assistenti fanno gli gnorri, parlano di allergia ai gatti, sminuiscono le cazzate del vecchio prof un po' tocco e tutti se ne vanno a casa con la coda tra le gambe.
Tranne Barbee.
Che ravana nella monnezza fuori dall'aeroporto e trova la borsetta verde della ragazza con dentro una spilla bianca in forma di lupo, la cui parte acuminata è ancora infilata nel cadavere del povero gattino nero. 

Gatta ci cova, direte voi.
E lo dice pure Barbee, che decide di invitare la ragazza a bere fuori, le mostra la borsa, le chiede se ha ucciso lei il gatto e, già che ci siamo, pure Mondrick, che era allergico.
Si scopre così che l'ammaliante rossa è un lupo mannaro. E che pure Barbee lo è. E Bell lo recluta senza problemi, nonostante le infinite pippe mentali che il giornalista si fa sulla sua situazione: ben presto, infatti, ormai a quattro zampe, Barbee si fa convincere a fare brutte cose che non specifico oltre per non spoilerare troppo. 

Qui Williamson si lancia nella parte "scienza" di tutta questa "fanta". Non ho niente contro la magia che sembra tecnologia (sia benedetta la terza legge di Clarke), ma la spiegazione proposta soffre di un fondamentale fraintendimento della fisica quantistica. Niels Bohr aveva presentato il suo famoso modello nel 1913, per il 1926 erano già usciti i paper di Heisenberg e Schrödinger e ci si potrebbe aspettare che Williamson sarebbe stato più diligente, ma alla fin fine non glielo addebito: era scienza di confine, molto avanzata e decisamente non alla portata di molti. Questo contribuisce però a rendere il romanzo più science fantasy e horror che fantascienza vera e propria, oltre ovviamente all'impostazione della struttura narrativa, al "colore" della prosa e alle tematiche.

Per farla breve le capacità dei licantropi sono legate al potere sulla materia che Williamson conferisce alla mente. Nel loro "stato libero", come dice April Bell, i licantropi sono in grado di agire direttamente sugli oggetti che hanno intorno con un semplice sforzo mentale. 
Williamson la giustifica come una derivazione del principio dell'osservatore in meccanica quantistica e, tramite le confuse spiegazioni di Bell (che le ha sentite da un suo amico fisico e "non si ricorda"), mette sul piatto la capacità licantropa di influenzare il collasso della funzione d'onda probabilistica degli atomi degli oggetti su cui si concentrano. Ciò rende gli oggetti "non più lì", ne perverte la funzione d'onda per fare in modo che non si trovino dove sono, o si dispongano diversamente - il che permette, ad esempio, di trasformarsi in lupi e attraversare le porteNelle parole di Williamson, la mente dei licantropi trasformati è "un complesso eterno di energia, che afferrava atomi ed elettroni mediante la catena della probabilità", caratteristica questa che si trasmette "col sangue" perché propria della specie.
Tra tutti i materiali l'argento è quello su cui i licantropi non hanno alcun potere perché la sua "vibrazione" è "sbagliata", ed è quindi immune all'influenza mentale dei mannari, che non possono toccarlo pena gravi danni (no, qui nessuna spiegazione, nemmeno approssimativa). La luce solare ha inoltre un effetto deleterio sulla loro mente che, una volta trasformati, è più "libera" e meno protetta dal corpo. Nel corso della narrazione si scopre poi che le forme possibili per un licantropo sono innumerevoli, incluse quelle di pitone e tigre dai denti a sciabola. Possono anche diventare invisibili. Comoda la manipolazione della probabilità!

Dopo la sua quanto meno insolita notte di scorribande lupesche, Barbee si risveglia nel suo letto in forma umana, con addosso palesi segni fisici delle avventure appena vissute. Riceve notizie che confermano quanto accaduto quella notte e pensa comunque che vabbè, è un sogno. Le ferite saranno psicosomatiche e tutto il resto una coincidenza.
Sigh.
Ci sta pure eh, ma io ho rispetto del dato empirico e due domande in più me le sarei fatte da subito. Capisco però che è un problema mio: certe esperienze così difformi dalla realtà abituale sono affrontabili solo se il nostro inconscio le riduce a qualcosa di comprensibile e giustificabile. Williamson fa un buon lavoro, conosce l'animo umano e sa fino a che punto siamo disposti a mentire a noi stessi pur di non veder crollare le certezze che ci sono care.
A discolpa di Barbee la seconda volta che "sogna" eventi confermati dal dato reale si decide a indagare sul serio per comprendere cosa stia accadendo a lui, ai suoi vecchi amici e chi sia davvero April Bell. Si va così a cercare... diciamo aiuto psichiatrico, dato che c'è uno psichiatra fanatico positivista dalle oscure motivazioni coinvolto sia con Bell che con Rowena Mondrick, ora ricoverata presso il suo ospedale.

Da qui la trama si intreccia, coinvolge anche il direttore del giornale per cui lavora Barbee, il quale continua a fare "sogni" sempre più terribili. Tutto culmina, dopo innumerevoli colpi di scena un po' da feuilleton ma ben congegnati, in un finalone inaspettato, pessimistico e terribile.

Williamson fa un buon lavoro - nella seconda parte del romanzo, quando si iniziano a capire meglio le cose - nel giustificare l'esistenza dei licantropi e la loro storia parallela alla nostra utilizzando innumerevoli "indizi" sparsi qui e lì tra le molte discipline scientifiche - dall'antropologia alla genetica alla psichiatria - ma è un po' come leggere Peter Kolosimo: manca di una certa credibilità.

Voglio essere chiaro: lo strambo, probabilmente, sono io. 
Questo è considerato uno dei più eminenti, immaginifici e pregnanti romanzi sui licantropi della storia della letteratura. Neil Gaiman è un fan scatenato, per dire. Ma in quello stesso anno Clarke pubblicava Against the Fall of Night e, personalmente, so da che parte pendo. Di certo non sono io a decidere cosa sia fantascienza e cosa no, lungi da me, però ho i miei gusti :)

Accendendo la mia onestà intellettuale devo quindi ammettere che il romanzo è buono, anche se risente di influenze pulp che erano cliché persino al tempo. Williamson è uno scrittore competente dal gran ritmo (fatta eccezione per l'inane discorso del prof), bravo nel dipingere i moti dell'animo con prosa a un tempo angosciante ed efficace, piena d'azione ben scritta e oscuri presagi inquietanti. Racconta molto bene la sensazione di libertà della bestia selvaggia in contrasto con la vita irregimentata e un po' noiosa di noi esseri umani, mettendo inoltre in scena un tropo oggi molto comune ma al tempo ancora relativamente fresco: quello della convivenza sulla Terra di specie parallele di Homo, o comunque di intelligenze "altre", in concorrenza occulta con noi. Il finale coraggioso e per nulla scontato solleva il tutto ad alte vette, se vi piace questo tipo di cosa.

Raccomandato a tutti coloro che amano l'urban fantasy in salsa horror, scorrevole, molto ben scritto e congegnato, se sono disposti a perdonare - o amano - un feeling molto pulp e personaggi che si lasciano guidare un filino troppo dagli impulsi.


Meravigliosa copertina di Caesar con due delle possibili forme assumibili dai licantropi

Quarta di copertina dedicata a pubblicizzare un saggio che sarei curioso di leggere

Costina praticamente integra e ancora robusta

Alla faccia del cofanetto!

Frontespizio con data e solita firma incomprensibile che caratterizza tutti o quasi tutti i primi 30 numeri in mio possesso

Lo pseudonimo di Monicelli, che lo usò anche nel '56 e '57 quando trascorse due anni a fare da curatore per la collana concorrente di Urania, Galassia. Erano tempi selvaggi nell'editoria fantascientifica italiana


Si comincia! Bellissima illustrazione di apertura di Jacono, rende benissimo i personaggi come descritti nel testo

I licantropi sono invisi ai cani. Sullo sfondo a destra, Rowena Mondrick.

Il Professor Mondrick con i suoi assistenti intorno alla misteriosa cassa

Pubblicità di un altro romanzo di Williamson, pubblicato sul numero 6 di Urania

MIAO!

Tutti gli antropologi hanno una stanza di scheletri. Fidatevi, sono sociologo, li conosco...

Bruttissima fine

Collaborare a Urania per 5000 lire? Perché no

Se ho capito a che scena si riferisce, il pedone dovrebbe essere una signora anziana... ma forse fraintendo

Pubblicità per Urania Rivista, collana gemella dedicata alla narrativa breve uscita poco dopo. Chiusa dopo solo 14 numeri

Strano pterosauro... potevano consultarsi tra illustratori! Caesar lo azzecca

È sempre tenero vedere quanto poco capivamo: promemoria del fatto che pure adesso capiamo pochissimo, dal punto di vista dei nostri discendenti

Un po' di enigmistica è immancabile nelle pubblicazioni da edicola di quest'era

Piano dell'opera: saranno tutti recensiti by yours truly

Ai grandi la fantascienza, ai piccoli Topolino: Mondadori eclettica

Nessun commento:

Posta un commento