16 febbraio 2023

Urania n. 6 - La legione dello spazio di Jack Williamson


CARATTERISTICHE EDITORIALI E FISICHE

Il volume è leggermente brunito, un po' sporco di polvere e presenta piccole pieghe ai bordi della copertina, ma è solido e immacolato sotto ogni altro aspetto. Costina rigida e coesa i cui bozzi sono probabilmente presenti ab origine fin dalla stampa o dalla distribuzione in un pacco fascettato, perché non mostra segni di essere stata aperta se non una volta o due. Rilegatura perfetta.

Presenta sul frontespizio la solita firma illeggibile e l'indicazione "Dicembre 1952" che è il mese di uscita del numero.

Traduzione di Stanis La Bruna, che purtroppo non da una gran prova di sé. Capiamoci, sforzo valente: è evidente che sa il fatto suo, ma non sembra a suo agio nella fantascienza. Una veloce ricerca OPAC mi conferma che traduceva (l'ultimo lavoro è del 1964) grosso modo autori contemporanei di varia, romanzi classici e gialli. Data anche l'età anagrafica non è sorprendente che la sua versione della prosa di Williamson abbia un tono tanto classico e poco dinamico, inadatto a una space opera piena d'azione. Ci sono momenti in cui è tutto un thesaurus, con il povero traduttore sconcertato in cerca di termini alternativi a "raggio" perché gli pare veramente, ma veramente brutto renderlo sempre allo stesso modo.

Altre volte poi toppa e basta o è inutilmente bizzarro. Per lui gli avamposti sono "posti avanzati" e marcire si dice "infradiciare". È difficile non farsi strappare via dalla storia quando non si capisce di primo acchito cosa si sta leggendo. Esempio: a un certo punto una creatura marina descritta come una grossa ameba comincia a strisciare su un tronco coi suoi "tentacoli" (che sarebbero pseudopodi, quindi, no?) che, la frase dopo, si trasformano in "branchie" e restano così. Improvvisamente mi ritrovo a pensare a un'ameba che sviluppa branchie come mezzo di locomozione e rido. Non voglio pensare che il povero La Bruna si sia trovato davanti branches (rami) senza andarsi a cercare il termine e abbia capito male un intero paragrafo, ma è una possibilità. È la prima volta che leggo questo romanzo, quindi non posso fare confronti con l'originale, ma dubito che Williamson fosse così impacciato.

Pochissimi refusi tipografici, brava Urania! Decisamente sotto la media, 3 o 4.

RECENSIONE (SPOILER!)

Mi sono trovato davanti a un meno che mediocre romanzo di space opera con un tono guascone da fumettone di fantascienza anni '30 e '40, ma non è una sorpresa: la storia apparve per la prima volta a puntate su Astounding Stories nel 1934, quindi era prevedibile. Purtroppo però non è un bel fumetto guascone! È il primo Urania dal numero 1 che non mi sia piaciuto.

Ci troviamo nel 3000 e rotti e il Sistema Solare è completamente colonizzato, ma gli esseri umani non si sono spinti oltre. L'unica esplorazione al di fuori dei nostri confini è stata quella verso la Stella di Barnard, da cui però è tornata solo una parte dell'equipaggio, in generale piena di piaghe purulente e impazzita. Questi sopravvissuti raccontano di un pianeta enorme popolato da inquietanti esseri volanti chiamati "Medusae", grandi come un elefante, che comunicano tra loro con impulsi elettrici.

La Legione dello Spazio è il corpo di polizia/forza militare del Sistema, creata dopo la deposizione della dinastia degli Ulnar, i "Porpora", despoti del Sistema per centinaia di anni.

Il nostro protagonista si chiama John Ulnar e fa parte di quella famiglia, ma è un fervido sostenitore della Green Hall (tenuta in originale nel testo), cioè della democrazia instaurata dopo l'egemonia della Purple Hall ("Hall di Porpora" in traduzione, curiosamente), ed è cadetto della Legione. Gli viene affidato, in virtù della sua parentela con Adam Ulnar che ne è a capo, l'importantissimo incarico di far parte del contingente che protegge Aladoree Anthar, una ragazza che - unica nella Galassia - conserva nella sua testa il segreto di AKKA, la terribile e misteriosissima arma con cui sono stati sconfitti i Porpora e la cui deterrenza mantiene l'ordine nel Sistema.

Evito di fare un riassunto completo perché, beh, troppi spoiler, e poi penso non ne varrebbe la pena. Mi interessa di più raccontare com'è il libro per darne un'idea, che purtroppo non è lusinghiera anche considerando l'epoca in cui è stato scritto. Flash Gordon esordisce nello stesso anno ed è ordini di magnitudine più entusiasmante pur trattandosi di un fumetto. Lo stesso dicasi per Buck Rogers che è addirittura del 1929. Purtroppo Williamson non regge il confronto nemmeno con il suo collega e contemporaneo Doc Smith (sua la Saga dei Lensmen, per dirne una), pioniere della space opera che scriveva meglio ed era molto più attento agli aspetti scientifici già nel 1931 (ad es. vedere Spacehounds of IPC, prima volta in assoluto in cui viene proposto il concetto di raggio traente).

Faccio qualche esempio.

John Star (Ulnar) "combatte per Aladoree" - dando a intendere che amor vincit omnia ma in realtà è solo basilare arrapamento e plot convenience; si sono parlati tre volte in poche ore di conoscenza in cui lei gli ha detto solo "guarda che nella mia guardia, di cui fai parte, c'è un traditore che vuole il segreto di AKKA, difendimi" e lui "boh, forse sì, forse no, lealtà alla Legione, blablabla" - ed è sempre più veloce "di pochi centesimi di secondo" dell'avversario a estrarre "l'ago atomico" e premerne la "leva" per lanciare "la sua folgore". Le astronavi vanno a "sali di uranio" e hanno "periscopi telescopici", le camere di equilibrio si chiamano "valvole", i motori "geodyne"... e Williamson, a sorpresa in questa orgia di roba alla Flash Gordon, li descrive in maniera corretta e concisa come una propulsione Alcubierre, praticamente il motore a curvatura di Star Trek, concetto che il fisico da cui prende il nome non aveva ancora presentato nella sua tesi di dottorato perché, beh, sarebbe nato solo nel 1964.

Per farla breve, Aladoree viene rapita dalle Medusae con la complicità di un altro parente di John Ulnar (pullulano! Sempre al centro degli eventi epocali tipo gli Skywalker), allo scopo di costringerla a costruire AKKA per usarla contro la razza umana. John viene imprigionato con gli altri componenti della guardia del corpo di Aladoree. 

I suoi compagni di cella sono privi di caratteristiche distintive o qualsivoglia personalità eccetto Giles Habibula (nome assolutamente meraviglioso), che viene rappresentato come un imbecille querulo e oscenamente obeso con gli "occhi da pesce cotto" le cui uniche occupazioni sono mangiare o lamentarsi drammaticamente che non sta mangiando. O che sta per morire. O che ha appena perso l'unica bottiglia di vino sul pianeta. Ho reso l'idea. Nonostante beva come un lavandino e sia capace di ingurgitare vivande per cinque, alla resa dei conti si rivela un intelligente, ottimo ingegnere, un agile scassinatore e, pur faticando per il peso spropositato, tiene dietro alle impegnative imprese fisiche degli altri nuotando per chilometri (lamentandosi della sua asma per tutto il tempo con un fiato che rivela la sua bugia) e arrampicandosi per scoscesi condotti di ventilazione nel rocambolesco tentativo di fuga da una prigione.

Questo spero illustri perché penso che in questo romanzo tutto sia SEMPRE A MILLE. L'intera trama è una sarabanda di improbabili azioni eroiche, alle volte incredibilmente comiche per la loro idiozia scanzonata. Nessuno fallisce mai niente, nessuno sbaglia mai niente, tutti sono coraggiosi, leali e prevedibili e piatti e dopo un po' impera la noia. Nessuna tensione, nessuna sfida. Giusto per dare un'idea, il nostro John a un certo punto sconfigge a mani nude una temibile creatura volante, le strappa le ali e le costole e ci si fa un aliante in pochi minuti, col quale si infiltra nella cittadella aliena accedendo a una finestra a oltre 2000 metri dal suolo da cui parte. Eddai :D

Insomma, è tutto un po' esagerato, un po' grottesco, largamente implausibile anche per un lettore del 1952 e in generale meh. Se fosse fantasy invece che fantascienza non cambierebbe, nella sostanza, nulla di nulla.

A parte pochi elementi infatti la plausibilità scientifica è quasi zero: tutto è "atomico" anche se non ha senso (che ci sta, era il 1934, ma fa parte di un trend), niente di scientifico e/o tecnologico viene descritto in maniera adeguata o anche solo con più di due o tre aggettivi generici, nessuno usa tute spaziali e via elencando.

Ottimo esempio di questa tendenza è AKKA, la potentissima arma di cui solo la ragazzina conosce i progetti. Non si sa cosa faccia fino alla fine del romanzo, chiaramente in preparazione del gran colpo di scena: quando la si vede in azione di "scientifico" non c'è niente, la ragazza la costruisce con due pezzi di legno, un pezzetto di ferro arrugginito e un po' di spago, poi la punta contro la Luna invasa dalle Medusae e la rimuove completamente dalla realtà così, di botto, senza spiegazioni e senza conseguenze.

Purtroppo anche la traduzione è un po' un problema, come accennavo. Il lessico è goffo, desueto anche per il '52, poco adatto per l'azione frenetica del libro, si mette tra il lettore e il godimento dell'opera. Cose come "si udì uno sfriggolìo presso il fuoco, un buffo di fumo gli giunse alle nari" suonavano obsolete anche nel 1952.

"Immarcescibile" e "mortale", ad esempio, sono usati come aggettivi nelle imprecazioni (ad es. "per l'atomo immarcescibile" e "per la nostra vita mortale, non parlare così") e mi sono poco comprensibili. 

Vedo due casi possibili, ma forse ce ne sono di più:

  1. il traduttore ha reso fantasiosamente parole comuni. "Immarcescibile" potrebbe essere un meno ricercato "everlasting", "mortale" invece pare "dannato" o "maledetto" come nell'esempio qui sopra o in "non ho fatto neanche in tempo a mangiare un boccone mortale!";
  2. Williamson ha usato un qualche neologismo "fantascientifico" con significato equivalente per dare un tono futuribile al dialogo o magari persino accennare qualche aspetto culturale differente dai nostri, di cui il traduttore non ha ben saputo che fare.

Sono finora stato impietoso, ma ci sono anche dei lati positivi: non è solo monnezza! Di qualcosa ho parlato sopra, ma voglio anche citare la scena del viaggio verso la stella di Barnard, ove si trova il pianeta delle Medusae. Lì è lo spazio il vero protagonista: le nebulose sono "tifoni spaziali", giganteschi maelstrom di polveri agitate da venti generati da misteriosi "controspazi" a "entropia negativa" (audaci invenzioni ma ben ragionate, dato che di quelle cose nel 1934 non si sapeva un accidenti) e il sense of wonder si spreca a piene mani anche nella corretta descrizione delle costellazioni e dei corpi celesti - quantomeno per le conoscenze del tempo.

In generale non consiglio la lettura: mi è risultato un romanzetto mediocre, privo di spessore, una sarabanda avventurosa dalla trama lineare in cui è chiaro dal principio che il protagonista non sarà mai in vero pericolo, con un finale scontato e telefonato fin da pagina 40. È pieno di cliché che erano tali anche al tempo in cui fu scritto, è un feuilleton ma senza intreccio complesso, in cui succede di tutto e niente è interessante. Ha qualche momento più animato e un paio di belle scene ma leggerlo costa noia e non valgono il prezzo del biglietto: pessima prova di Williamson.

Copertina drammatica e concitata, ma niente di cui scrivere a casa. Colori sempre FANTASTICI, quanto amo Caesar

    Quarta di copertina

Costina

Seconda di copertina

Frontespizio con firma e data

Scheda dell'opera

Si inizia!

Sul pianeta delle Medusae è diffuso un gas rosso che fa marcire la carne degli esseri umani

Illustrazioni interne di Carlo Jacono, una garanzia. Qui però sono rappresentate tute spaziali, del tutto assenti nel libro

Ecosistemi alieni senza capo né coda!

I titoli dei capitoli sono ESTREMI :D

Pubblicità. Se ho capito l'antifona l'illustrazione è il ritaglio di una più grande "presa in prestito" da uno dei numeri successivi.

Altro titolo ESTREMO!

È brutto precipitare in un mare alieno

Raggi! Anzi, "folgori"!

Giles FTW

Unico accenno che abbia trovato riguardo a cosa ci sia sugli altri pianeti del Sistema Solare

Allora è proprio vero: esiste solo la famiglia Ulnar!

L'occhio di una Medusae

L'astronave di John di ritorno in un Sistema Solare invaso

A pagina 118 ho trovato questo segnalibro

Questa illustrazione è riciclata...

... da questa. Carine le Medusae!

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