28 settembre 2025

Urania n. 17 - Hedrock l'immortale di Alfred Elton Van Vogt

 

CARATTERISTICHE EDITORIALI E FISICHE  
 
Il volume si presenta quasi perfetto: costina integra, copertina con ottimi colori nonostante gli angoli esterni non perfetti, pagine bianche all'interno, ancora elastico e insomma, niente da segnalare. LEM 4.5/5. Sul frontespizio troviamo l'usuale firma incomprensibile, stavolta scritta con una stilografica blu il cui inchiostro trapassa il foglio, più la data: Giugno 1953.
 
Il romanzo appare per la prima volta, in forma seriale, su Astounding Science Fiction dal Febbraio all'Aprile 1943. Questa versione divenne poi un hardcover nel 1947, stampato in una tiratura di sole 1000 copie per i tipi di Hadley Publishing Company. Posto la copertina perché mi piace un sacco!
 

 
Van Vogt poi rimaneggiò ampiamente il testo, che uscì nuovamente nel 1952 per Greenberg in edizione riveduta e corretta con una copertina, se possibile persino più fica. 
 
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Posto le copertine originali perché, in tutta franchezza, quella di Caesar mi piace molto di meno, nonostante sia magistrale come sempre: non c'azzecca nulla col contenuto del romanzo ed è, al confronto, generica e stereotipata.
 
Le illustrazioni interne sono di Carlo Jacono e, come al solito, sono STREPITOSE. 
 
Ancora una volta, poi, ci troviamo davanti alla prima edizione italiana di un'opera che ha fatto la storia della fantascienza. 
 
La traduzione, affidata a Rosetta Colli come il n. 12 (Le armi di Isher), è così così. Persevera l'impressione che abbiamo di fronte una traduttrice di classici, poco avvezza al lessico inglese del tempo e non a suo agio con la fantascienza. La prosa di Van Vogt, che in originale è moderna, asciutta ma non sterile, qui diventa pomposa, piena di fraseggiare complesso e termini aulici irreperibili in inglese. Per esempio se un personaggio ritiene di non fare qualcosa di rischioso, è perché "non poteva correrne l'alea" e, in generale, il tono è un po' troppo alto. Meglio del volume precedente, però! Nelle foto trovate vari esempi per farvi un'idea.
 
Trovo invece deliziosa la technobabble. Ci sono armi "a 9000 cicli" (gotta love early SF) e fioccano gli stratoplani, autoplani, merciplani, naviplani (descritti come "costruzione a torpedine dardeggiante su ali di energia atomica", che è un filino poetico), e ogni altro tipo di "plani" che vi vengano in mente. 
Essi poi usano "gavitelli", che è difficile immagine in contesti diversi da quelli marittimi, e fanno sorridere i collegamenti via "telestato" (ad onor del vero, "telestats" in originale), che sono "raccordi" (tentativo di tradurre "link", ci ho messo un po' a capirlo), e un liquido al (o di) destrosio che diventa "liquido destrosio".
 
La traduzione del titolo in particolare mi lascia sconcertato: non riesco a capire per quale motivo stravolgerlo, nonostante mi piaccia così. Forse per non fare confusione col volume precedente? Mi pare che Le armi di Isher e I fabbricanti d'armi (come lo intitolò fedelmente Ugo Malaguti nella sua traduzione del 1977 per Libra Editrice) possano convivere senza problemi, a cinque numeri di distanza, nonostante la ripetizione del termine "armi". C'è da dire però che Hedrock l'Immortale mi sembra un titolo migliore: così sarà ristampato su Urania 424 nel 1966 e nel 2006, con traduzione di Valla, nel n.46 di Urania Collezione.
 
Per chiudere, devo purtroppo segnalare UNA MAREA di errori di battitura, molti più della media del periodo, a ulteriore testimonienza del fatto che l'Urania degli esordi fu un'operazione un po' casareccia in senso editoriale: tanto impegno e tanta passione, ma redazione minuscola e pochi soldi.


RECENSIONE (SPOILER!)
 
Per me è una rilettura, ma una di quelle strane.
Il volume che ho letto io, infatti, è quello in lingua inglese del 1947, prima della massiccia revisione autoriale che non avevo idea fosse mai avvenuta, così mi sono ritrovato straniato e un po' confuso: sono andato a riprendere in mano il testo originale per controllare e ho scoperto che l'intero punto di vista di Neelan, un personaggio secondario, è stato tramutato in quello di Hedrock, il protagonista del titolo, e certi eventi accadono in maniere e tempi diversi. Vi sono innumerevoli differenze che non starò a elencare, perché si tratta di modifiche irrilevanti ai fini dell'efficacia del testo, ma in generale direi che il libro ha giovato della revisione e risulta più scorrevole ma, ahimé, non più ordinato e  focalizzato: vedremo poi perché.

Le vicende si svolgono sette anni dopo quelle de The Weapon Shops of Isher (Le armi di Isher, Urania n.12), nello stesso contesto: il sistema solare è sotto il governo imperiale della dinastia Isher, la cui corrente sovrana è Innelda e a cui si oppongono i tecnologicamente più avanzati Negozi d'Armi, il cui ruolo è proprio di fornire armi per la difesa ai cittadini nel più classico stile Americano del Second Amendment. A differenza del demenziale stato attuale (e passato) degli USA reali, in cui ogni settimana qualcuno si mette a sparare in una scuola, qui la gente usa davvero le armi per controbilanciare il controllo assoluto della tirannia e non contro i bambini.
 
La situazione, però, si complica quando l'Imperatrice Innelda scopre che alla sua corte c'è una spia dei Negozi d'Armi, Il capitano Roberto Hedrock. Lo abbiamo già conosciuto in Le armi di Isher, ma lì era un personaggio secondario mentre qui è il protagonista assoluto.
Di lui sapevamo, grosso modo, solo che era immortale. Qui scopriamo perché: 4000 anni prima aveva iniziato a trafficare con una tecnica sperimentale per aumentare la taglia delle cose viventi, ma qualcosa era andato storto e si era accorto dopo qualche anni di non poter morire. Da quel momento – e qui glielo vediamo fare, vedi foto più sotto – ha cercato di replicare i risultati di quell'esperimento su un numero infinito di ratti, in modo da poter condividere questa sua scoperta col resto dell'umanità.
Il buon Hedrock, infatti, è proprio questo: buono. Generoso, lavora per il bene collettivo dell'umanità e la sua intera esistenza è trascorsa nel tentativo di migliorarne le sorti. Nel corso del romanzo scopriremo infatti che è stato lui a creare tanto l'Impero Isher quanto i Negozi d'Armi, in modo da donare al genere umano un periodo di pace e stabilità, per quanto sul filo del rasoio.
 
Questa stabilità viene compromessa quando, nel corso di una discussione a palazzo, Innelda annuncia a lui e a tutti i convenuti che intende giustiziarlo. Il nostro però, non è un pivello e non si fa fregare: monta una difesa tanto astuta e cogente che riesce a fuggire, apprendendo nel contempo che l'Imperatrice nasconde al mondo l'invenzione di un motore "intrastellare" (ma non sarebbe "inter"?).
Purtroppo viene subito intercettato e catturato da una squadra di uomini dei Negozi d'Armi, il cui Consiglio ha iniziato a sospettare che sia una qualche sorta di spia, per l'Impero o per suoi scopi misteriosi. Si ritrova quindi poco dopo nella medesima situazione da cui è appena uscito, ma scappa anche da qui grazie al fatto che 4000 anni di esperienza gli hanno insegnato a pianificare a lungo termine e a ficcare vie di fuga e armi nascoste in ogni edificio che frequenta. 
 
Da qui in poi la trama è incentrata su Innelda che si rifiuta di rivelare alla popolazione la splendida invenzione, per paura che i Negozi d'Armi se ne possano impadronire, e i Negozi stessi che sobillano la popolazione contro di lei nella speranza che si arrenda e ammetta la scoperta. Si scatena una sarabanda di avventure che includono viaggi interstellari involontari, scienziati che lavorano in segreto, giganti che distruggono città, intrighi di corte, viaggio nel tempo, matrimoni imperiali, alieni simili a ragni, telepatia ad anni luce di distanza e insomma, chi più ne ha più ne metta. 
 
Non dico altro perché qui il divertimento è nell'esperienza: si gira la pagina chiedendosi che caspita d'altro si è inventato 'sto matto. 
 
Il numero si chiude con la quinta puntata di Niente fiori all'ambrosia di Rex Stout, che continuerò a non recensire perché è un giallo, seguito dalla rubrica scientifica dall'inquietante titolo La Terra cadrà nel sole? e dal sempreverde angolo enigmistico.
 
Come sempre, mi soffermo sulla rubrica. È per me fonte di sempiterna meraviglia scoprire che aspetto avessero i confini della conoscenza astronomica negli anni '50. In questo caso si parla di un'ipotesi per cui, dato che esiste un campo magnetico galattico, questo abbia un'influenza sull'orbita dei pianeti, in special modo quelli rocciosi contenenti elementi sensibili al magnetismo.
Si supponeva infatti che la Terra, centinaia di milioni di anni fa, fosse lontana dal Sole quanto Plutone, e che nel giro di altre centinaia di milioni di anni si sarebbe trovata alla distanza di Mercurio, perché il campo magnetico galattico "frena" il suo moto, in maniera impercettibile, facendole perdere slancio dai tempi in cui era stata "emessa" dal Sole.
Oggi sappiamo che i pianeti non sono stati "emessi" dal Sole e che, ben prima che la nostra orbita possa decadere significativamente, la nostra stella esaurirà l'idrogeno e si espanderà in una gigante rossa che ingoierà i pianeti interni. Noi potremmo, in effetti, ritrovarci nell'atmosfera solare, ma non per i motivi qui delineati. 
 
Dicevo, all'inizio, che il romanzo è un po' caotico. Van Vogt stesso affermava che molte delle idee per le sue storie gli venivano in sogno, al punto che spesso si svegliava di notte per prendere appunti. Leggendo questo appare evidente, perché la trama è sconnessa, le varie parti collegate in maniera un po' improvvisata e il comportamento di personaggi che già conosciamo, come Innelda, è spesso contrario al loro carattere per come viene descritto.
 
Ciononostante ci troviamo davanti a una space opera classicissima, piena di pistole, cannoni e persino anelli (!) a raggi, razzi spaziali, viaggi nel tempo, alieni, scienza implausibile ma spettacolare, fughe, inseguimenti, bombardamenti, poteri mentali di vario tipo e teorie politiche e psicologiche d'altri tempi, nonché innumerevoli colpi di scena che non esito a definire bizzarri. Non ai livelli di Slan, ma superiore a Le armi di Isher, per i miei gusti. 
 
Vi consiglio di leggerlo se amate l'avventura sfrenata con protagonisti altruisti, coraggiosi e infallibili, perché i colpi di scena sono spesso imprevedibili e l'ottimismo che si respira in ogni pagina oggi si trova raramente.
 
Bella macchina, anche se non c'entra un tubo col romanzo!

Questi della Rumianca si devono essere comprati un bel po' di quarte di copertina, ho perso il conto di quanti numeri portano questo annuncio.

La costina è IMPECCABILE!
 
Seconda di copertina con la pubblicite de "Il libro del giorno".
 
Frontespizio firmato a stilografica invece che a biro.
 
Maledetta stilografica! Nella sinossi il curatore, Monicelli, spoilera un dettaglio sull'Imperatrice Innelda che, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe da lei per com'è descritta, rientra negli stereotipi femminile del 1949 senza un pensiero.
 
JACONO TI AMO, illustrazione di partenza STREPITOSA. Bellissimo l'incipit del romanzo, in media res, che ci immerge subito nell'azione.
 
Cerchio rosso inserito da me: non so se è un errore di battitura o una scelta stilistica, dato che si tratta di dialogo, ma diamine.
 
Termini desueti, ok, ma "quegli" è BELLERRIMO e dovremmo tornare a usarlo.
 
Anch'io ho dei folti mustacchi! Grande fan.
 
"Principe del Curtin" fa tanto "Contessa del Beglait", come in Diabolik. Bella l'espressione "essere a giorno", anche se al tempo già si utilizzava "aggiornato".
 
In un quarto di pagina Jacono rende due espressioni meravigliose, bella composizione. Innelda è bellissima e quadra con le descrizioni, Hedrock lo facevo un po' più attempato.
 
I "bilioni" sono un vezzo della traduttrice, dato che non sono "miliardi" (billions) come in originale ma molto, molto di più.
 
Ogni tanto sono "trasmettitori vibrazionali", ogni tanto "trasmettitori vibratori", ergo una forma di teletrasporto (in orig. vibratory transmitters). Scarsa revisione del testo, temo.
 
IL GIGARATTO È BELLERRIMO!
 
Daje con la telepatia!
 
Con queli anelli Hedrock fa meraviglie.

Nell'originale la gente "applica la trasparenza" ("Neelan laid the transparency down on the steps", ad esempio), qui la Colli si lancia nell'invenzione di un apparecchio chiamato "trasparenziatore". Valente tentativo, ma meh.

I dettagli della scrivania mi fanno impazzire. Voglio anch'io tutti quei pulsanti e cursori! E un calamaio per la stilografica!

La prossima Recensione in Guanti Bianchi. Non vedo l'ora, di Simak ho letto pochissimo.

Credo quella "scala-comandi" abbia una C di troppo.

Ahio!

L'abitacolo di un "cosoplano". In questo caso si tratta di un "naviplano intrastellare".

Questo è Greer, il tizio con la scrivania piena di pulsanti, quelal di spalle è l'Imperatrice Innelda.

Nelle macchine da scrivere di un tempo mancavano alcuni tasti a cui noi, utenti di computer, siamo abituati. Per la precisione 1, 0 e le lettere accentate. Si faceva per semplificare la meccanica delle macchine e contenere i costi, quindi era uso indicare 1 con la "i" maiuscola o la "L" minuscola, 0 con la "o" maiuscola e gli accenti con gli apostrofi (à=a'). Ecco perché quella cifra ha un grossa I maiuscola alla fine!

Cosa sia il "semicerchio automatico del timone" e come il protagonista riesca a contare 180 "tic" in rapida successione mentre rischia di svenire per la velocità lo lascio alla fantasia del lettore.

Se l'erba è grigia sai che è un pianeta alieno!

Tutti vogliono fare la pelle a Hedrock!

GODZILLA LEVATE

Chissà chi è quello dietro. Una guardia?

Per parafrasare Douglas Adams, la parte peggiore di viaggi nel tempo è descriverli. Ah, e tono aulico aggratis.

Hedrock ne passa di cotte e dicrude.

Un giorno deciderò di procurarmi anche i 12 numeri di Urania Rivista, ma non è questo il giorno.

C'è un gruppo di scienziati che.. ma no, ho già spoilerato abbastanza. Però posso dirvi che l'erba è grigia.

Il copricapo dell'Imperatrice mi fa scompisciare.

Immortale o no, una porta robusta è una porta robusta.

Lo Sputnik sarebbe stato lanciato solo 4 anni dopo e non fu costruito in orbita, ma al tempo si sognava in grande.

Chissà se nel contempo su I Gialli Mondadori pubblicavano romanzi di fantascioenza a puntate? Nel caso lo sappiate fate un fischio, sono curioso.

"E grazie al cazzo" lo ha detto nessuno? :D

Sempre interessante!

Ancora pubblicità per Urania Rivista.

Ma qualcuno di voi sta provando a risolvere rebus, schemi e indovinelli? Volete foto più chiare?

Di prossima pubblicazione, nell'ordine, i numeri 18, 23, 22, 20, 19, 21, 24. Non avevano ancora le idee chiare sull'ordine, direi, o si sono imbattuti in contrattempi editoriali che, fidatevi, non mancano MAI.

Pubblicità ai (e figuriamoci) Gialli Mondadori.

17 luglio 2025

Urania n. 16 - Il pianeta maledetto di Eric Frank Russel



CARATTERISTICHE EDITORIALI E FISICHE
Il volume è squadrato, solido, ancora elastico. La copertina presenta un piccolo strappo e un angolo piegato, la costina una piega di lettura, ma niente di imperdonabile. Siamo intorno a un LEM 4,5.

Russel è anche autore del numero 7 di Urania, Schiavi degli invisibili, che è uno dei più bei romanzi fantascientifici mai scritti e punto, andate a leggervi la Recensione in Guanti Bianchi. 
Il titolo originale de Il Pianeta Maledetto è Dreadful Sanctuary (che sì, non c'entra niente) e, come molti altri romanzi passati da queste parti, è stato dapprima serializzato su Astounding Science Fiction a partire dal 1948, per poi vedere la luce come hardcover nel 1951 per i tipi di Fantasy Press (gli stessi di Gorilla SapiensOltre l'orizzonte e Il figlio della notte... buon fiuto!), con una meravigliosa copertina di Edd Cartier che vi posto qui perché damn. Preferisco quella di Caesar per il realismo scientifico della rappresentazione, ma questa è più drammatica, più avventurosa e il razzo è uguale a quelli nel libro!


Vale la pena notare che Russel riscrisse la storia per il paperback del 1963 e fu costretto a cambiare il finale per mandato editoriale: quello originale era troppo ottimistico. Sul numero di Ottobre 1951 di The Magazine of Fantasy & Science Fiction, i recensori Boucher e McComas lo definirono "ridiculously anticlimactic ending" e la cosa deve aver spaventato. Francamente non sono d'accordo, secondo me è perfettamente adeguato e non guasta affatto: sono con Schuyler Miller quando definiva Dreadful Sanctuary "one of the most believable science-fiction books in years".

Come in ogni singolo caso finora, ci troviamo di fronte alla prima edizione italiana, che è uno dei motivi per cui, seppur vi siano stati esperimenti precedenti, Urania sia da sempre considerata a tutti gli effetti la pubblicazione che ha popolarizzato la fantascienza in Italia.

Traduzione di un giovane Pietro Leoni, che nel corso della sua carriera ha tradotto sia fantascienza (Asimov, Hamilton, van Vogt) che classici (come Mark Twain) e fa un lavoro magnifico. La prosa è agile, moderna, divertente, e il lessico anni cinquanta le conferisce uno charme meraviglioso. Richiama molto lo stile degli hard boiled del tempo. Pur non avendo letto il romanzo in lingua originale, sono certo che parte del merito è di Russel, ma diamine se Leoni non ci mette del suo. I pochi inciampi, come un "ingenuity" tradotto "ingenuità" o un "is that all?" reso con "è qui tutto?", si possono felicemente perdonare. Uno però mi ha lasciato perplesso. 
Un razzo esplode per un incendio a "uno dei suoi venturi laterali", che non so cosa voglia dire di preciso. È un motore? Si riferisce all'effetto Venturi? In questo caso, cosa c'entra, dato che riguarda la meccanica dei fluidi? Ho cercato termini aeronautici simili ma senza alcun successo.
 
Il lessico, dicevo. Nel romanzo compaiono dei "televisori giornalistici", ovvero schermi in libera vendita dedicati a mostrare i giornali in uscita giorno per giorno, le segreterie videofoniche, che il traduttore – con termine delizioso quanto desueto – chiama "ipsofoni", il denaro è "lattuga" e c'è una giovane donna nella "fase introduttiva della sonolessi", termine con cui nemmeno la Crusca mi aiuta: pare inesistente. Ipotizzo un neologismo per tradurre "sleepiness", ma è una congettura e non conterei sulla sua correttezza. A parte qualche termine in disuso tipico dell'italiano del tempo, i dialoghi sono coloriti, vivaci e niente affatto ingessati. Leoni non tenta di iniettarvi toni "letterari" senza motivo come, ogni tanto, accadeva in quegli anni.
 
Ci sono pochi errori di battitura, ma anche innumerevoli parole ripetute in frasi consecutive e, a volte, persino nella stessa frase, a una virgola di distanza. Queste, unite alle traduzioni un po' sbilenche di alcuni termini a cui ho accennato sopra, mi paiono un segno che il testo è stato sottoposto a un editing sciatto o inesistente, impressione rafforzata da una pagina che finisce con "guardarlo." e la pagina successiva che inizia con "darlo.": chiaro errore di composizione tipografica. 
 
Illustrazioni del sempre evocativo BELT, la cui identità sfugge a ogni mia ricerca e continua a essere avvolta dal mistero. Stavolta però sono davvero poche e non curate come al solito... poco tempo per la preparazione del numero? Mah.


RECENSIONE (SPOILER!)

Siamo nel lontano futuro dell'anno 1972 e il diciassettesimo razzo verso la Luna esplode poco prima di arrivare a destinazione, come i precedenti sedici, scatenando un'ondata di scoraggiamento in tutti coloro che vorrebbero vedere qualcuno mettere piede sul satellite. Incompetenza degli ingegneri americani? Forse. Sabotaggio dei russi? Pare improbabile quando esplode anche un razzo russo. Cosa, allora?

Il professor Bob Mandle ha un'ipotesi: lo "strato Mandle", cioè un involucro elettromagnetico che avvolgerebbe la Luna tra i diecimila e dodicimila chilometri di distanza dalla superficie e farebbe reagire il combustibile dei razzi in maniera esplosiva.

Il signor Armstrong, corpulento magnate con più soldi che buon senso, si incuriosisce leggendo l'articolo dello scienziato. Sta finanziando il diciottesimo razzo, quindi ovviamente desidera vederci chiaro. Chiama così Mandle al fonovisore per chiedergli dettagli, ma la conversazione si interrompe bruscamente. Troppo perché non vi sia qualcosa sotto. Armstrong manda quindi i servizi d'emergenza a casa del professore e scopre che è morto stecchito nel corso della videochiamata, apparentemente per cause naturali... la qual cosa puzza. E ora che si fa?

Come Mandle c'è solo Mandle: la sorella Claire, scienziata pure lei, tanto intelligente quanto amante dei cappelli bizzarri. In attesa di incontrarla, il magnate assume Hansen, un investigatore privato, per scoprire chi avrebbe avuto motivo di far secco Bob e prendere informazioni riguardo certi politici che sospetta avrebbero interesse a sabotare lo slancio verso la Luna. 

Inzia da qui una rocambolesca vicenda di agguati, pedinamenti, travestimenti, omicidi, zuffe e attentati, a metà strada tra la detective story e la fantascienza. Il ritmo è incalzante pur senza esagerare, aiutato da una prosa agile e scattante, mai scontata, sempre avvicente.

Chi sono i misteriosi oppositori che non vogliono l'uomo nello spazio? Perché? Chi è l'uomo dai capelli rossi che pedina Armstrong? Che segreti nasconde il Norman Club, misteriosa organizzazione senza un apparente scopo di cui fanno parte persone influenti, compresi diversi senatori, e che pare avere le mani in pasta negli affari spaziali? Perché dalle azioni di Armstrong dipenderà lo scoppio della Terza Guerra Mondiale?

Non vi spoilero oltre, dovete leggerlo. Dire di più significherebbe rivelare il colpo di scena principale del romanzo e non vi farò questo disservizio, perché Russel se la gioca bene. Occhio alle foto, però, più sotto spiego perché.

Armstrong è un personaggio adorabile. Massiccio e forzuto, pragmatico e simpatico, è capace di rimettere al loro posto i suoi interlocutori, che siano nemici o collaboratori, tanto coi pugni che con un sarcasmo tagliente e mai sgradevole. Il modo in cui parla è fortemente caratterizzante, è un tipo a cui non piacciono le manfrine e punta dritto al sodo, con scarsa sopportazione per chi non si comporta in modo schietto ed efficiente. Si fa presto ad amarlo per la sua caustica verve ed è tutto merito di Russel, che più in generale conduce un ottimo lavoro di caratterizzazione dei personaggi principali. 

Questo include Claire Mandle, donna pronta, determinata e spiritosa per cui Armstrong si prende una cotta istantanea al primo incontro, ricambiato. Il banter tra i due è delizioso e, seppur il personaggio femminile risenta di qualche cliché anni '40, paritario e divertente. Lui è esplicito nel suo flirting, lei meno, ma la questione è trattata con penna felicissima e si accompagna molto bene, con ottimo bilanciamento, alle diverse discussioni sugli avvenimenti in cui si trovano coinvolti. Si ha da subito l'impressione di qualcosa di genuino, positivo, sdrammatizzante: di norma il romance non mi interessa molto, perché spesso è banale e infarcito di stereotipi, ma seguire lo svilupparsi delle loro interazioni è fantastico e interessante. Bravo Russel!

Il romanzo include infine un dose di razzismo americano anni '40, quando si riteneva che la terra fosse popolata da diverse "razze" umane e che quella bianca fosse ovviamente la migliore, ma il giudizio che ne dà Russel è chiaramente negativo. Non posso dare dettagli senza rovinarvi il libro perché si tratta di uno dei punti principali della trama, quindi ho relegato alcuni passaggi "sociologicamente interessanti" alle foto: se non volete troppi spoiler evitate quelle con lunghi brani di testo.
 
Il fatto che non ritengo tali posizioni razziste proprie di Russel dipende da quel che so di lui. Per dire, nel suo racconto breve Jay Score del 1941 c'è un medico spaziale nero descritto senza alcuno stereotipo e, sia in quella storia che nei seguiti, troviamo un equipaggio multietnico pieno di alieni che non si sarebbe rivisto fino a Star TrekNon è un caso che le posizioni razziste siano proprie soltanto degli antagonisti del romanzo.

NOTA BENE
La scheda dell'opera, che ho incluso nelle foto, RIVELA L'INTERA TRAMA DEL ROMANZO - FINALE INCLUSO. EVITATELA COME LA PESTE se non volete spoiler.

Il testo si conclude con la quarta puntata di Niente fiori all'ambrosia di Rex Stout, che non recensirò perché è un giallo, seguito dalla rubrica scientifica L'affascinante mistero delle radiostelle e dall'angolo enigmistico.

Mi voglio soffermare un momento sulla rubrica scientifica perché, beh, se a questo punto non mi conoscete siete stati poco attenti... e poi nel romanzo la scienza latita – c'è molta più "fanta", nonostante una robusta dose di technobabble – quindi fatemi sfogare!
Si parla di "radiostelle", termine generico per fenomeni poco compresi, che erano al tempo una roba nuova nuova... un po' come la stessa radioastronomia, che aveva appena più di vent'anni e portava scoperte su scoperte, una più sensazionale dell'altra. Le radiostelle in questione erano strane bestie: fonti radio di enorme potenza che non avevamo proprio idea di che roba fossero.

Oggi, in linea generale, le chiamiamo quasar se sono nuclei galattici molto attivi o pulsar, cioè dense stelle di neutroni (immaginate la massa del Sole compressa in una sfera del diametro di venti chilometri) in rapidissima rotazione, che sono ciò che rimane dopo l'esplosione di un certo tipo di supernova. Nell'articolo si parla di circa 200 fonti radio scoperte fino a quel momento e vengono menzionate per nome solo due "radiostelle": la pulsar rimasta dopo la supernova del 1054 che diede origine alla Nebulosa del Granchio e quella che oggi chiamiamo Residuo della Supernova di Tycho.

Trovo affascinante leggere di quando queste cose erano nuove, eccitanti scoperte piene di mistero, perché è ancora così. Se oggi abbiamo le idee molto più chiare riguardo a ciò che ci lasciava basiti 70 anni fa, non ho dubbi che tra altri 70 quelli che oggi consideriamo enigmi saranno ben conosciuti e ci riveleranno nuove meraviglie.

C'è, ovviamente, anche un "angolino ingenuità": nel 1953 della Luna sapevamo ancora poco. Eravamo ragionevolmente certi che non ci fosse un'atmosfera e, quindi, niente acqua, niente vita e nessuna erosione del suolo. Esistevano però numerosi "selenografi" che tracciavano mappe della superficie del nostro satellite a intervalli regolari, basandosi su osservazioni oculari, e sostenevano a spada tratta che la superficie della Luna mutava eccome! Quindi chi pensava fosse un mondo morto si sbagliava! Kombloddoh!1!
La gente è sempre gente e certe cose non cambiano mai.

In generale il romanzo è solido, pieno d'azione, intrigo, spavalderia e sarcasmo: intrattiene con gusto e riesce a creare una buona suspense, anche se è più detective story che fantascienza. Non incontra particolarmente i miei gusti però l'ho comunque apprezzato e non mi sono mai annoiato: se è il vostro genere buttatevi sereni, lo raccomando!  

La fantastica copertina di Caesar rappresenta uno dei "razzi" che esplode vicino alla Luna, come nel romanzo. Curioso che non abbia la classica forma fallica, anche se ha un motore a razzo, ma assomigli molto di più a un lander.

La costina è solida ma non perfetta, dato che presenta una piega di lettura che corre per tutta la sua lunghezza.
Quarta di copertina = pubblicità. La Rumianca S.p.A. faceva prodotti chimici industriali ma, a quanto pare, anche deodoranti per armadi.

Mai perdere occasione di spammare i Gialli Mondadori in seconda di copertina! Del resto la pubblicità nelle pagine interne in questo numero manca del tutto: credo sia la prima volta.

Frontespizio con la solita firma incomprensibile e il mese di uscita. Tra un po' la firma scomparirà perché gli Urania che ho acquisito da un certo numero in poi hanno avuto proprietari differenti.

La scheda introduttiva del romanzo spoilera la trama... e io che mi preoccupo così tanto!

Si parte! Quello grosso è Armstrong, il protagonista.

Il lessico di Russel è piacevolmente scoppiettante.

I dialoghi sono coloriti, mai noiosi e suonano deliziosamente demodé alle nostre orecchie moderne.

Claire Mandle, la sorella dello scienziato ucciso all'inizio del romanzo.

"Lattuga" per riferirsi ai "verdoni", ovvero ai dollari.

Ti capisco ,fratello.

Mi piace sempre rinvenire i segni di legatura, cioè le indicazioni che dicono al tipografo in che ordine vanno i fascicoli di cui è composto il volume. Questa è la seconda legatura di (UR)ania numero 16. Era necessaria anche l'indicazione di quale fosse la pubblicazione, non ultimo perché Mondadori al tempo si serviva di varie piccole stamperie sparse per l'Italia.

"Sono davvero impressionato dalla rapidità con la quale non approdiamo a un bel niente" è sarcasmo velenoso della miglior qualità. ADORO. 

Se non ci sono misteriose macchine futuristiche che emettono lampi azzurri, che fantascienza è?

Nella lingua inglese non esistono le bestemmie come le concepiamo noi, ma i lettori di Urania dovevano avere l'impressione che gli Stati Uniti fossero il Paese più blasfemo del globo.

Technobabble o qualcosa di sensato? Non sono un ingegnere elettronico... ad maiora!

Immagine da saltare se non vi piacciono gli spoiler o i termini che oggi consideriamo razzisti.

Altra immagine da evitare se non volete spoiler.

"Istorica" è MERAVIGLIOSO.

E alé col razzismo alieno! Ma stemperato da Armstrong che, giustamente, eccepisce.

Qui BELT fa un brutto disservizio ad Armstrong che, francamente, non immaginavo né così anziano né così brutto. Nel libro si dice che ha 34 anni.

Povero Armstrong, gli danno pure fuoco alla casa.

Quando dico che il testo non è stato sottoposto a editing e, forse, nemmeno a correzione di bozze, intendo personaggi che si chiamano George ma diventano Giorgio e tornano George poche righe sotto.

Non si può dire che il nostro protagonista non abbia fegato.

La rubrica scientifica verte sulle "radiostelle", che oggi chiamiamo pulsar.

Gli investimenti per la scienza in Italia erano scarsi pure al tempo.

Angolo enimmistico a cura di Cielo d'Alcamo, colto pseudonimo che non so chi nasconda.

Prossima Recensione in Guanti Bianchi: Hedrock l'immortale di Alfred Elton Van Vogt!

Romanzo storico su Goya di Lion Feuchtwanger, pubblicità della prima edizione italiana.