CARATTERISTICHE EDITORIALI E FISICHE
Il volume si presenta quasi perfetto: costina integra, copertina con ottimi colori nonostante gli angoli esterni non perfetti, pagine bianche all'interno, ancora elastico e insomma, niente da segnalare. LEM 4.5/5. Sul frontespizio troviamo l'usuale firma incomprensibile, stavolta scritta con una stilografica blu il cui inchiostro trapassa il foglio, più la data: Giugno 1953.
Il romanzo appare per la prima volta, in forma seriale, su Astounding Science Fiction dal Febbraio all'Aprile 1943. Questa versione divenne poi un hardcover nel 1947, stampato in una tiratura di sole 1000 copie per i tipi di Hadley Publishing Company. Posto la copertina perché mi piace un sacco!
Van Vogt poi rimaneggiò ampiamente il testo, che uscì nuovamente nel 1952 per Greenberg in edizione riveduta e corretta con una copertina, se possibile persino più fica.
Posto le copertine originali perché, in tutta franchezza, quella di Caesar mi piace molto di meno, nonostante sia magistrale come sempre: non c'azzecca nulla col contenuto del romanzo ed è, al confronto, generica e stereotipata.
Le illustrazioni interne sono di Carlo Jacono e, come al solito, sono STREPITOSE.
Ancora una volta, poi, ci troviamo davanti alla prima edizione italiana di un'opera che ha fatto la storia della fantascienza.
La traduzione, affidata a Rosetta Colli come il n. 12 (Le armi di Isher), è così così. Persevera l'impressione che abbiamo di fronte una traduttrice di classici, poco avvezza al lessico inglese del tempo e non a suo agio con la fantascienza. La prosa di Van Vogt, che in originale è moderna, asciutta ma non sterile, qui diventa pomposa, piena di fraseggiare complesso e termini aulici irreperibili in inglese. Per
esempio se un personaggio ritiene di non fare qualcosa di rischioso, è perché "non poteva correrne l'alea" e, in generale, il tono è un po' troppo alto. Meglio del volume precedente, però! Nelle foto trovate vari esempi per farvi un'idea.
Trovo invece deliziosa la technobabble. Ci sono armi "a 9000 cicli" (gotta love early SF) e fioccano gli stratoplani, autoplani, merciplani, naviplani (descritti come "costruzione a torpedine dardeggiante su ali di energia atomica", che è un filino poetico), e ogni altro tipo di "plani" che vi vengano in mente. Essi poi usano "gavitelli", che è difficile immagine in contesti diversi da quelli marittimi, e fanno sorridere i collegamenti via "telestato" (ad onor del vero, "telestats" in originale), che sono
"raccordi" (tentativo di tradurre "link", ci ho messo un po' a capirlo), e un liquido al (o di) destrosio che diventa "liquido
destrosio".
La traduzione del titolo in particolare mi lascia sconcertato: non riesco a capire per quale motivo stravolgerlo, nonostante mi piaccia così. Forse per non fare confusione col volume precedente? Mi pare che Le armi di Isher e I fabbricanti d'armi (come lo intitolò fedelmente Ugo Malaguti nella sua traduzione del 1977 per Libra Editrice) possano convivere senza problemi, a cinque numeri di distanza, nonostante la ripetizione del termine "armi". C'è da dire però che Hedrock l'Immortale mi sembra un titolo migliore: così sarà ristampato su Urania 424 nel 1966 e nel 2006, con traduzione di Valla, nel n.46 di Urania Collezione.
Per chiudere, devo purtroppo segnalare UNA MAREA di errori di battitura, molti più della media del periodo, a ulteriore testimonienza del fatto che l'Urania degli esordi fu un'operazione un po' casareccia in senso editoriale: tanto impegno e tanta passione, ma redazione minuscola e pochi soldi.
RECENSIONE (SPOILER!)
Per me è una rilettura, ma una di quelle strane.
Il volume che ho letto io, infatti, è quello in lingua inglese del 1947, prima della massiccia revisione autoriale che non avevo idea fosse mai avvenuta, così mi sono ritrovato straniato e un po' confuso: sono andato a riprendere in mano il testo originale per controllare e ho scoperto che l'intero punto di vista di Neelan, un personaggio secondario, è stato tramutato in quello di Hedrock, il protagonista del titolo, e certi eventi accadono in maniere e tempi diversi. Vi sono innumerevoli differenze che non starò a elencare, perché si tratta di modifiche irrilevanti ai fini dell'efficacia del testo, ma in generale direi che il libro ha giovato della revisione e risulta più scorrevole ma, ahimé, non più ordinato e focalizzato: vedremo poi perché.
Le vicende si svolgono sette anni dopo quelle de The Weapon Shops of Isher (Le armi di Isher, Urania n.12), nello stesso contesto: il sistema solare è sotto il governo imperiale della dinastia Isher, la cui corrente sovrana è Innelda e a cui si oppongono i tecnologicamente più avanzati Negozi d'Armi, il cui ruolo è proprio di fornire armi per la difesa ai cittadini nel più classico stile Americano del Second Amendment. A differenza del demenziale stato attuale (e passato) degli USA reali, in cui ogni settimana qualcuno si mette a sparare in una scuola, qui la gente usa davvero le armi per controbilanciare il controllo assoluto della tirannia e non contro i bambini.
La situazione, però, si complica quando l'Imperatrice Innelda scopre che alla sua corte c'è una spia dei Negozi d'Armi, Il capitano Roberto Hedrock. Lo abbiamo già conosciuto in Le armi di Isher, ma lì era un personaggio secondario mentre qui è il protagonista assoluto.
Di lui sapevamo, grosso modo, solo che era immortale. Qui scopriamo perché: 4000 anni prima aveva iniziato a trafficare con una tecnica sperimentale per aumentare la taglia delle cose viventi, ma qualcosa era andato storto e si era accorto dopo qualche anni di non poter morire. Da quel momento – e qui glielo vediamo fare, vedi foto più sotto – ha cercato di replicare i risultati di quell'esperimento su un numero infinito di ratti, in modo da poter condividere questa sua scoperta col resto dell'umanità.
Il buon Hedrock, infatti, è proprio questo: buono. Generoso, lavora per il bene collettivo dell'umanità e la sua intera esistenza è trascorsa nel tentativo di migliorarne le sorti. Nel corso del romanzo scopriremo infatti che è stato lui a creare tanto l'Impero Isher quanto i Negozi d'Armi, in modo da donare al genere umano un periodo di pace e stabilità, per quanto sul filo del rasoio.
Questa stabilità viene compromessa quando, nel corso di una discussione a palazzo, Innelda annuncia a lui e a tutti i convenuti che intende giustiziarlo. Il nostro però, non è un pivello e non si fa fregare: monta una difesa tanto astuta e cogente che riesce a fuggire, apprendendo nel contempo che l'Imperatrice nasconde al mondo l'invenzione di un motore "intrastellare" (ma non sarebbe "inter"?).
Purtroppo viene subito intercettato e catturato da una squadra di uomini dei Negozi d'Armi, il cui Consiglio ha iniziato a sospettare che sia una qualche sorta di spia, per l'Impero o per suoi scopi misteriosi. Si ritrova quindi poco dopo nella medesima situazione da cui è appena uscito, ma scappa anche da qui grazie al fatto che 4000 anni di esperienza gli hanno insegnato a pianificare a lungo termine e a ficcare vie di fuga e armi nascoste in ogni edificio che frequenta.
Da qui in poi la trama è incentrata su Innelda che si rifiuta di rivelare alla popolazione la splendida invenzione, per paura che i Negozi d'Armi se ne possano impadronire, e i Negozi stessi che sobillano la popolazione contro di lei nella speranza che si arrenda e ammetta la scoperta. Si scatena una sarabanda di avventure che includono viaggi interstellari involontari, scienziati che lavorano in segreto, giganti che distruggono città, intrighi di corte, viaggio nel tempo, matrimoni imperiali, alieni simili a ragni, telepatia ad anni luce di distanza e insomma, chi più ne ha più ne metta.
Non dico altro perché qui il divertimento è nell'esperienza: si gira la pagina chiedendosi che caspita d'altro si è inventato 'sto matto.
Il numero si chiude con la quinta puntata di Niente fiori all'ambrosia di Rex Stout, che continuerò a non recensire perché è un giallo, seguito dalla rubrica scientifica dall'inquietante titolo La Terra cadrà nel sole? e dal sempreverde angolo enigmistico.
Come sempre, mi soffermo sulla rubrica. È per me fonte di sempiterna meraviglia scoprire che aspetto avessero i confini della conoscenza astronomica negli anni '50. In questo caso si parla di un'ipotesi per cui, dato che esiste un campo magnetico galattico, questo abbia un'influenza sull'orbita dei pianeti, in special modo quelli rocciosi contenenti elementi sensibili al magnetismo.
Si supponeva infatti che la Terra, centinaia di milioni di anni fa, fosse lontana dal Sole quanto Plutone, e che nel giro di altre centinaia di milioni di anni si sarebbe trovata alla distanza di Mercurio, perché il campo magnetico galattico "frena" il suo moto, in maniera impercettibile, facendole perdere slancio dai tempi in cui era stata "emessa" dal Sole.
Oggi sappiamo che i pianeti non sono stati "emessi" dal Sole e che, ben prima che la nostra orbita possa decadere significativamente, la nostra stella esaurirà l'idrogeno e si espanderà in una gigante rossa che ingoierà i pianeti interni. Noi potremmo, in effetti, ritrovarci nell'atmosfera solare, ma non per i motivi qui delineati.
Dicevo, all'inizio, che il romanzo è un po' caotico. Van Vogt stesso affermava che molte delle idee per le sue storie gli venivano in sogno, al punto che spesso si svegliava di notte per prendere appunti. Leggendo questo appare evidente, perché la trama è sconnessa, le varie parti collegate in maniera un po' improvvisata e il comportamento di personaggi che già conosciamo, come Innelda, è spesso contrario al loro carattere per come viene descritto.
Ciononostante ci troviamo davanti a una space opera classicissima, piena di pistole, cannoni e persino anelli (!) a raggi, razzi spaziali, viaggi nel tempo, alieni, scienza implausibile ma spettacolare, fughe, inseguimenti, bombardamenti, poteri mentali di vario tipo e teorie politiche e psicologiche d'altri tempi, nonché innumerevoli colpi di scena che non esito a definire bizzarri. Non ai livelli di Slan, ma superiore a Le armi di Isher, per i miei gusti.
Vi consiglio di leggerlo se amate l'avventura sfrenata con protagonisti altruisti, coraggiosi e infallibili, perché i colpi di scena sono spesso imprevedibili e l'ottimismo che si respira in ogni pagina oggi si trova raramente.
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Seconda di copertina con la pubblicite de "Il libro del giorno". |
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Frontespizio firmato a stilografica invece che a biro. |
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Maledetta stilografica! Nella sinossi il curatore, Monicelli, spoilera un dettaglio sull'Imperatrice Innelda che, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe da lei per com'è descritta, rientra negli stereotipi femminile del 1949 senza un pensiero. |
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JACONO TI AMO, illustrazione di partenza STREPITOSA. Bellissimo l'incipit del romanzo, in media res, che ci immerge subito nell'azione. |
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Cerchio rosso inserito da me: non so se è un errore di battitura o una scelta stilistica, dato che si tratta di dialogo, ma diamine. |
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Termini desueti, ok, ma "quegli" è BELLERRIMO e dovremmo tornare a usarlo. |
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Anch'io ho dei folti mustacchi! Grande fan. |
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"Principe del Curtin" fa tanto "Contessa del Beglait", come in Diabolik. Bella l'espressione "essere a giorno", anche se al tempo già si utilizzava "aggiornato". |
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In un quarto di pagina Jacono rende due espressioni meravigliose, bella composizione. Innelda è bellissima e quadra con le descrizioni, Hedrock lo facevo un po' più attempato. |
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I "bilioni" sono un vezzo della traduttrice, dato che non sono "miliardi" (billions) come in originale ma molto, molto di più. |
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Ogni tanto sono "trasmettitori vibrazionali", ogni tanto "trasmettitori vibratori", ergo una forma di teletrasporto (in orig. vibratory transmitters). Scarsa revisione del testo, temo. |
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IL GIGARATTO È BELLERRIMO! |
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Daje con la telepatia! |
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Con queli anelli Hedrock fa meraviglie. |
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Nell'originale la gente "applica la trasparenza" ("Neelan laid the transparency down on the steps", ad esempio), qui la Colli si lancia nell'invenzione di un apparecchio chiamato "trasparenziatore". Valente tentativo, ma meh. |
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I dettagli della scrivania mi fanno impazzire. Voglio anch'io tutti quei pulsanti e cursori! E un calamaio per la stilografica! |
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La prossima Recensione in Guanti Bianchi. Non vedo l'ora, di Simak ho letto pochissimo. |
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Credo quella "scala-comandi" abbia una C di troppo. |
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Ahio! |
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L'abitacolo di un "cosoplano". In questo caso si tratta di un "naviplano intrastellare". |
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Questo è Greer, il tizio con la scrivania piena di pulsanti, quelal di spalle è l'Imperatrice Innelda. |
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Nelle macchine da scrivere di un tempo mancavano alcuni tasti a cui noi, utenti di computer, siamo abituati. Per la precisione 1, 0 e le lettere accentate. Si faceva per semplificare la meccanica delle macchine e contenere i costi, quindi era uso indicare 1 con la "i" maiuscola o la "L" minuscola, 0 con la "o" maiuscola e gli accenti con gli apostrofi (à=a'). Ecco perché quella cifra ha un grossa I maiuscola alla fine! |
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Cosa sia il "semicerchio automatico del timone" e come il protagonista riesca a contare 180 "tic" in rapida successione mentre rischia di svenire per la velocità lo lascio alla fantasia del lettore. |
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Se l'erba è grigia sai che è un pianeta alieno! |
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Tutti vogliono fare la pelle a Hedrock! |
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GODZILLA LEVATE |
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Chissà chi è quello dietro. Una guardia? |
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Per parafrasare Douglas Adams, la parte peggiore di viaggi nel tempo è descriverli. Ah, e tono aulico aggratis. |
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Hedrock ne passa di cotte e dicrude. |
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Un giorno deciderò di procurarmi anche i 12 numeri di Urania Rivista, ma non è questo il giorno. |
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C'è un gruppo di scienziati che.. ma no, ho già spoilerato abbastanza. Però posso dirvi che l'erba è grigia. |
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Il copricapo dell'Imperatrice mi fa scompisciare. |
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Immortale o no, una porta robusta è una porta robusta. |
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Lo Sputnik sarebbe stato lanciato solo 4 anni dopo e non fu costruito in orbita, ma al tempo si sognava in grande. |
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Chissà se nel contempo su I Gialli Mondadori pubblicavano romanzi di fantascioenza a puntate? Nel caso lo sappiate fate un fischio, sono curioso. |
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"E grazie al cazzo" lo ha detto nessuno? :D |
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Sempre interessante! |
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Ancora pubblicità per Urania Rivista. |
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Ma qualcuno di voi sta provando a risolvere rebus, schemi e indovinelli? Volete foto più chiare? |
Di prossima pubblicazione, nell'ordine, i numeri 18, 23, 22, 20, 19, 21, 24. Non avevano ancora le idee chiare sull'ordine, direi, o si sono imbattuti in contrattempi editoriali che, fidatevi, non mancano MAI.
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Pubblicità ai (e figuriamoci) Gialli Mondadori. |